Cronaca

Allarme inquinamento, questi vestiti non vanno comprati assolutamente, lo studio

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Stefania Guerra

I vestiti che compriamo sono altamente dannosi per l’ambiente e spesso non lo sappiamo nemmeno, ecco la verità.

Siamo portati a credere che scegliere tessuti naturali faccia bene all’ambiente, ma da una ricerca emergono dati scioccanti.

Forse non tutti sanno quale sia il vero impatto ambientale dei vestiti – Cityzen.it

Alzi la mano chi, durante un acquisto, non predilige una t-shirt in cotone piuttosto che realizzata con un materiale sintetico. Molte persone credono che i tessili naturali, e quindi oltre al cotone anche il lino, la pelle, la lana o la seta, siano qualitativamente migliori e anche più sostenibili.

Ebbene, Altroconsumo ha indagato più a fondo e ciò che è emerso deve far riflettere attentamente; poi grazie a una nuova consapevolezza i consumatori possono fare scelte migliori, soprattutto per il bene del Pianeta.

Inquinamento, sapevi che i tessuti naturali sono più dannosi del nylon? Ecco perché

Riuscire a calcolare l’esatto impatto ambientale della produzione di capi d’abbigliamento è molto complicato, ma possiamo tenere in considerazione alcuni fattori fondamentali.

Quando facciamo shopping dovremmo sapere qual è l’impatto ambientale delle nostre scelte – Cityzen.it

Quando pensiamo ai tessuti naturali immaginiamo che siano anche sostenibili, proprio perché “naturali”. Di contro, alla dicitura “sintetico” associamo immediatamente un prodotto che fa male all’ambiente. La verità, però, è un’altra.

I materiali naturali come cotone, pelle, seta, canapa e altri, impattano sull’ambiente a causa delle coltivazioni o degli allevamenti, e quindi si ha ampio consumo di risorse idriche e anche di fertilizzanti. Non dimentichiamoci poi che le materie prime vengono poi lavorate, andando a consumare energia. I tessuti sintetici, d’altro canto, sono associati all’estrazione del petrolio, al consumo di energia, all’uso di sostanze chimiche e agli scarichi.

Per riuscire a calcolare il vero impatto sull’ambiente dei vari tipi di fibre, i ricercatori hanno sviluppato dei “modelli di calcolo”, andando a considerare una serie di fattori. Come spiegato da Altroconsumo, la rivista dei consumatori, sono stati presi in considerazione 18 diversi materiali tessili, inerenti maglie e pantaloni.

Tra i numerosi indicatori di impatto ambientale, sono cinque quelli più importanti, in quanto insieme costituiscono il 70% degli impatti totali: l’incidenza sul riscaldamento globale, il grado di tossicità per l’uomo, il consumo di suolo, l’uso di risorse non rinnovabili e il consumo di acqua.

Dopo aver valutato attentamente tutti i fattori, gli esperti sono arrivati alla conclusione che i capi realizzati con tessuti sintetici sono più sostenibili degli altri. Sul podio troviamo il nylon riciclato al 100%, tanto che è stato preso in considerazione come termine di paragone per gli altri tessili. In sostanza:

  • una maglia in poliestere deve essere indossata 50 volte in più per essere sostenibile come il nylon riciclato;
  • una maglia in elastan 31 volte in più
  • PVC 1 anno in più
  • poliestere 1 anno e 2 mesi
  • canapa 1 anno e 9 mesi
  • la pelle naturale 23 anni e 9 mesi, e indossata oltre 1000 volte in più
  • seta 16 anni e 3 mesi
  • cotone 4 anni e 2 mesi
  • cotone biologico 2 anni e 5 mesi
  • denim 4 anni
  • denim biologico 2 anni e 5 mesi

Ecco che, sapendo quanto evidenziato dagli esperti, quando acquistiamo dei capi d’abbigliamento nuovi dobbiamo prendere in considerazione anche e soprattutto l’impatto ambientale che generiamo.

Stefania Guerra

Appassionata di lettura e di scrittura creativa, autrice di un racconto e di un romanzo, opero nel copywriting e nel digital marketing dal 2018; collaboro con diversi siti di informazione e per una testata giornalistica.

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