Assegno Unico a rischio: la UE lo contesta e le famiglie tremano, si rischia l’abolizione?

L’Assegno Unico presenta degli elementi discriminatori che mettono a rischio la misura. Il Governo italiano dovrà adattarsi alle direttive UE o ci saranno conseguenze.

Dal 1° marzo 2022 è in vigore l’Assegno Unico Universale, un sostegno economico per le famiglie con figli a carico entro i 21 anni e senza limiti di età per i figli disabili.

Assegno Unico, come cambierà nel 2024
Novità in vista per il 2024 (Cityzen.it)

Da più di un anno e mezzo milioni di famiglie percepiscono mensilmente l’Assegno Unico, l’aiuto che vale dai 54 euro a 189 euro in base all’ISEE per ogni figlio a carico. La misura viene erogata per sostenere economicamente i nuclei familiari e gli importi sono aumentati nel 2023 per l’adeguamento all’inflazione e al nuovo costo della vita.

Nel 2024 potrebbero, dunque, essere nuovamente incrementati così come il Governo potrebbe aggiungere diverse maggiorazioni per alcune categorie di cittadini. Tutto questo se l’Assegno Unico continuerà ad esistere. Cosa sta succedendo? L’Unione Europea ha trovato delle pecche nella misura. Sembrerebbe che il beneficio economico non sia conforme ai requisiti di residenza imposti dall’UE.

Cosa accadrà nel 2024 all’Assegno Unico Universale

L’UE ha attivato una procedura di infrazione contro l’Italia che mette a rischio l’Assegno Unico. L’iter è iniziato il 15 febbraio dell’anno in corso, quando l’Unione Europea ha inviato una lettere di costituzione in mora alla nostra nazione per il mancato rispetto delle direttive europee.

Quali requisiti cambieranno nel 2024
Modifiche all’Assegno Unico nel 2024 (Cityzen.it)

Il riferimento è al coordinamento della sicurezza sociale e alla libera circolazione. L’Assegno Unico, infatti, viene erogato ai cittadini residenti in Italia da almeno due anni. Tale condizione è contestata dell’UE. Allo stesso modo Bruxelles non approva un altro requisito. Per poter beneficiare della misura, i figli a carico devono trovarsi nello stesso nucleo familiare del genitore che percepisce l’Assegno.

Entrambe le condizioni violano un diritto UE perché discrimina i cittadini dell’Unione Europea. Di conseguenza l’Italia deve modificare i due punti incriminati entro due mesi dalla ricezione del parere motivato (novembre 2023) quindi entro gennaio 2024. Se il Governo non dovesse intervenire in modo adeguato, la Commissione europea potrebbe deferire il caso alla Corte di Giustizia.

Nel mese di giugno 2023 l’Italia ha risposto all’UE giustificando le proprie decisioni ma la Commissione non ha ritenuto tale risposta sufficientemente convincente. Ora che il parere motivato è arrivato i tempi sono stretti per modificare i requisiti discriminanti secondo l’UE ma un cambiamento è necessario per evitare di incorrere in pesanti sanzioni.

L’Assegno Unico Universale, dunque, potrà ampliare la platea dei beneficiari dovendo il Governo italiano eliminare il requisito della residenza da almeno due anni nella nostra penisola e l’appartenenza allo stesso nucleo familiare di genitore e figlio a carico.

Gestione cookie