Tributi da sacrificare, sfide mortali, arene sperdute e un tiranno che osserva compiaciuto: da dove nasce la base del genere distopico?
Gli intenditori delle saghe a sfondo distopico staranno sicuramente aspettando l’uscita al cinema de La ballata dell’usignolo e del serpente, prequel della fortunatissima saga cinematografica The Hunger Games, nata dai romanzi di Suzanne Collins. Le sfide dei ragazzi dei distretti, costretti a una battaglia all’ultimo sangue per avere salva la vita, davanti agli occhi di un potere autoritario e tiranno, hanno conquistato il pubblico di tutte le età, rendendo il personaggio di Katniss Everdeen un vero simbolo di resistenza all’oppressione. Ma dove trae ispirazione una trama del genere? Incentrata su una brutale gara per la sopravvivenza? Forse non lo sapevate, ma si deve tutto a un romanzo giapponese della fine degli anni ’90, che è stato in grado di portare il genere distopico a un livello straordinario: Battle Royale, di Koushun Takami.
Fin dalla sua pubblicazione nel 1999, il romanzo si è imposto come un’opera senza precedenti, tale da mettere in luce chiaramente l’oscurità dell’animo umano e i limiti della violenza. Battle Royale racconta una storia coinvolgente, radicata nella realtà, alla base di molte saghe distopiche cross-mediali che tanto amiamo oggi. La sua influenza ha lasciato un’impronta indelebile nell’immaginario collettivo, creando per la prima volta uno spaccato inquietante sulla complessità dell’uomo posto in situazioni estreme. Ovviamente, lo scenario descritto in Battle Royale, fin dagli albori, ha suscitato dibattiti sulla rappresentazione della violenza della manipolazione e del conflitto generazionale. Tuttavia è innegabile quanto La storia abbia avuto un impatto significativo sulla cultura pop a livello mondiale, ispirando altri lavori nel genere distopico, che hanno spinto sempre un po’ più oltre i confini della crudeltà e del riscatto umano.
Come si diceva, Battle Royale è caratterizzato da una trama tanto controversa, quanto avvincente. Il romanzo, scritto da Koushun Takami, racconta infatti di una società distopica, in cui alcuni studenti di una scuola media vengono costretti a partecipare a un gioco mortale su un’sola deserta, per ordine della Repubblica della Grande Asia Orientale. La storia, densa di tensione, si concentra sulle dinamiche che si creano nel gruppo di ragazzi, posti sotto estrema pressione, con la paura di non riuscire a sopravvivere a una serie di sfide letali.
Il successo del romanzo, terminato nel 1996, ma pubblicato solo tre anni dopo, ha generato a un vero e proprio fenomeno culturale in Giappone, tanto da essere prima declinato in un manga e poi in un film, che tuttavia ha scatenato non poche controversie per la violenza delle scene rappresentate.
Battle Royale ruota attorno alle azioni dispotiche di un’agenzia governativa totalitaria che esercita il suo potere elaborando un programma crudele: selezionare una classe di studenti delle scuole medie per partecipare a una battaglia all’ultimo sangue su un’isola deserta, alla fine della quale solo uno dei partecipanti sopravvivrà.
Ogni studente viene equipaggiato con un’arma o uno strumento casuale e dotato di un collare metallico allacciato intorno al collo con localizzatore GPS: si tratta di uno strumento di controllo, pronto a esplodere al minimo tentativo di disobbedire alle regole imposte dal gioco. I malcapitati ragazzi si trovano costretti a fronteggiare situazioni estreme, spinti verso gli angoli più oscuri e violenti della sopravvivenza umana. In questo contesto oppressivo, combattere diventa l’unica via per preservare la propria vita, in una sfida che li costringe a confrontarsi con la morte.
Per primo nel suo genere, Battle Royale esplora le dinamiche psicologiche e sociali in situazioni di estremo conflitto, evidenziando la lotta per la sopravvivenza e la disumanizzazione che si cela dietro una competizione così crudele e disperata.
Insomma, Battle Royale è stato uno dei romanzi che ha ridefinito il genere distopico declinandolo al mondo degli adolescenti, costretti a una lotta senza scrupoli da un’organizzazione dispotica senza scrupoli, con poche e casuali armi a disposizione, abbandonati Un mix perfetto per far riflettere i lettori sulla natura umana, la violenza e l’istinto primordiale di sopravvivenza. Attraverso le forti emozioni provocate nel pubblico e i dilemmi suscitati nell’opinione comune di giustizia e solidarietà umana, Battle Royale si è affermato come un punto fermo della distopia, influenzando film, romanzi, manga e videogiochi di grande successo.
Sicuramente, Suzanne Collins, attraverso la saga letteraria di The Hunger Games, che ha debuttato nel 2008 ha fornito una nuova interpretazione della trama di Battle Royale. Alla base della storia troviamo elementi molto simili: un mondo distopico in cui un governo autoritario seleziona non studenti delle scuole medie, ma giovani individui, un maschio e una femmina, chiamati non a caso “tributi”, provenienti da varie periferie, definite distretti, costringendoli a combattere fino alla morte per il semplice gusto di intrattenimento.
The Hunger Games ha conquistato un ampio consenso, anche grazie all’adattamento cinematografico del 2012 con protagonisti Jennifer Lawrence e Josh Hutcherson. E ora, tutti fremono per l’uscita di un nuovo capitolo della storia, La ballata dell’usignolo e del serpente, che tornerà indietro nel tempo dei primi Hunger Games, molto prima che il Presidente Corionalus Snow diventasse il perfido tiranno che tutti conosciamo.
Una delle pietre miliari significative per lo sviluppo nel mondo dei videogiochi del genere inaugurato da Battle Royale si deve a Brendan Greene, noto online come PlayerUnknown. Partendo dalle sue esperienze di giocatore e contando sulla sua esperienza come web designer freelance, Green ha sviluppato da solo un mod di gioco che poi sarebbe diventato noto come DayZ: Battle Royale, ispirato proprio al film giapponese Battle Royale del 2000. Questa creazione ha segnato un punto di svolta e ha avviato la carriera di Greene, il quale è stato poi ingaggiato dalla società di videogiochi coreana Krafton. La sua prima mossa da nuovo direttore creativo è stata l’elaborazione del cosiddetto PUBG (PlayerUnknown’s Battlegrounds), un gioco basto conflitto esteso su larga scala, in cui i giocatori combattono per essere gli ultimi a sopravvivere all’interno di un’arena. Grazie alle innovazioni di Green nel genere distopico, nell’universo videoludico ha fatto la sua comparsa un’altra saga simile, nota come Epic Games, cui poi ha succeduto un capolavoro del settore: Fortnite.
Per la prima volta, un gioco con un design vivace, figlio della cultura pop, ma con un’attenta cura al dettaglio nella costruzione della storia. Sicuramente, Fortnite deve molto del suo successo alla sua estetica, cha ha attirato giocatori di tutte le età, segnando un momento epocale per i videogiochi free play. Oggi, è un colosso che genera un valore economico enorme, con un impatto di 9 miliardi di dollari, guadagnandosi il primato come uno dei videogiochi più popolari e giocati di sempre.
Fin dal suo rilascio, nel settembre 2021, Squid Game ha letteralmente spopolato, nonostante per molti sia stata una rivelazione alquanto scioccante. Tuttavia, questa fortunata serie sud coreana è stata una delle grandi fortune della stagione per Netflix, tanto da essersi guadagnata anche una versione live. Infatti, il colosso dello streaming mondiale ha annunciato l’uscita di un reality show proprio ispirato alla disturbante serie di Hwang Dong-hyuk.
In pochissimo tempo, Squid Game ha conquistato un vasto pubblico, generando incassi record e guadagnandosi una fanbase sempre più ampia. In fondo, anche in questo caso, la trama deve molto a Battle Royale, rivelando una una verità sconvolgente: l’istinto di sopravvivenza è un retaggio radicato in ogni essere umano, anche se spesso sembra essere rigettato nella società moderna. Resta comunque una parte dei nostri istinti più oscuri, un eccesso che ancora risuona, evidenziando quanto potenti e rilevanti siano questi impulsi primordiali.
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