“Mre11” provoca la morte delle cellule malate. La scoperta dell’università del North Carolina. Nel 2023 quasi 56mila nuove diagnosi. Il tumore alla mammella è la neoplasia più frequente nelle donne: riguarda il 30% dei casi. L’importanza della prevenzione
Potrebbe essere racchiusa in una proteina la chiave per la cura e la prevenzione del cancro al seno. Si chiama Mre11 e provoca la morte delle cellule malate prima che diventino tumorali. La scoperta arriva da un gruppo di ricercatori dell’università del North Carolina. Secondo lo studio, pubblicato sulla rivista Nature, la proteina agisce attraverso un processo infiammatorio che mobilita in massa le difese immunitarie, facilitando il riconoscimento e l’eliminazione delle cellule danneggiate.
Ogni volta che una cellula tumorale si divide, subisce danni al proprio Dna. Queste cellule danneggiate solitamente sono percepite come minacce dal corpo, che attiva un “sensore” del Dna rovinato, chiamato cGAS, in grado di chiamare a raccolta le cellule del sistema immunitario per scovare e eliminare il problema. Nel 2020 si è scoperto che questo sensore viene “rinchiuso”, si trova cioè in uno stato sempre disattivato per impedirgli di scatenare risposte infiammatorie quando non sia assolutamente necessario.
I ricercatori guidati da Min-Guk Cho e Rashmi Kumar hanno quindi cercato la chiave che consente a cGAS di liberarsi, trovandola nella proteina Mre11. Interagendo tra loro, il sensore e la proteina-chiave danno inizio a una forma specializzata di morte cellulare chiamata necroptosi: a differenza di altre forme di morte cellulare, la necroptosi innesca anche la risposta infiammatoria e dunque attiva il sistema immunitario che riesce così a individuare le cellule tumorali o quelle che stanno per diventare tali.
Il tumore della mammella è la neoplasia più frequente nelle donne: riguarda circa un cancro maligno su tre. Secondo il nuovo rapporto dell’Associazione italiana di oncologia medica e dall’Associazione Registri Tumori (Airtum), nel 2023 sono state 55.900 le nuove diagnosi. Un numero che è andato progressivamente crescendo negli anni e che si stima continuerà ad aumentare anche nei prossimi due decenni (fino al 2040), di circa lo 0,2% l’anno. Nel 2022 sono state 15.500 le donne decedute a causa del tumore della mammella.
La buona notizia è che la mortalità è in calo. Nel 2019 si sono registrate oltre 10.200 morti in meno rispetto al 2007, in diminuzione del 6% a quelle attese (sulla base dei decessi avvenuti nel periodo 2003-2006).
Un quadro a cui fa da contraltare un netto peggioramento sul fronte della prevenzione. Una battuta d’arresto nella lotta al cancro a cui ha contribuito la pandemia di Covid-19. Da qui l’importanza delle diagnosi precoci e della prevenzione.
Dopo decenni di notevoli progressi, la pandemia ha causato in Italia, nel complesso, un forte rallentamento delle attività diagnostiche in campo oncologico, con conseguente incremento delle forme avanzate della malattia. Senza contare l’accelerazione dei fattori di rischio comportamentali. Un dato preoccupante se si considera che il 40% dei casi e il 50% delle morti oncologiche possono essere evitati intervenendo su fattori di rischio prevenibili, soprattutto sugli stili di vita.
È “necessario un messaggio forte e immediato per incoraggiare le persone a non rimandare controlli che sono essenziali. Non dimentichiamo che la prevenzione resta la cura più efficace per prevenire l’insorgenza del cancro”, ha detto il ministro della Salute Orazio Schillaci lo scorso ottobre, “mese rosa” dedicato alla prevenzione del tumore al seno.
I dati non sono incoraggianti. Secondo l’Osservatorio nazionale screening riferiti al 2021, in media solo il 56% delle donne invitate ha aderito e per di più con notevole variabilità a livello regionale. Inoltre, secondo i dati dell’indagine Passi dell’Istituto Superiore di Sanità, una donna su 10 nella fascia di età 50-69 anni non ha mai fatto un esame mammografico e quasi il 20% riferisce di averlo eseguito da oltre due anni. Risulta inoltre che una buona percentuale di donne si sottopone a una mammografia al di fuori dei programmi dedicati organizzati dalle Aziende sanitarie locali.
“È assodato che l’efficacia della promozione dello screening aumenta se all’invito dell’Asl si accompagna il consiglio del proprio medico di fiducia o di un operatore sanitario. Per questo assumono ancora più valore e significato le iniziative legate alla diffusione di un’informazione corretta, attraverso un linguaggio semplice e immediato, a una conoscenza accurata dei problemi e ad attività di sensibilizzazione”, ha spiegato Schillaci.
Di cancro si può guarire. Come ha ricordato il sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato, “se diagnosticato per tempo, il tumore al seno ha oltre l’85% di chance di essere debellato. La prevenzione è fondamentale”. Per questo è necessario “invertire questa tendenza” registrata negli anni della pandemia.
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