Carne coltivata, in quali Paesi viene già venduta?

Chi la produce e vende esiste già: ma cos’è la carne coltivata e com’è la situazione italiana? Scopriamolo

Nel contesto dell’industria alimentare sempre più consapevole, la carne coltivata si presenta come un’innovazione rivoluzionaria destinata a cambiare il modo in cui produciamo e consumiamo carne. Questa tecnologia emergente offre una prospettiva sostenibile ed etica, ponendosi come alternativa alla produzione tradizionale di carne. Attraverso la coltivazione di carne in laboratorio, il settore alimentare sta affrontando le sfide ambientali ed etiche connesse all’allevamento intensivo di animali per il consumo di carne.

Il concetto di carne coltivata

La carne coltivata, spesso denominata carne in vitro o carne prodotta da coltura cellulare, è ottenuta attraverso la crescita di cellule animali in un ambiente di laboratorio. Queste cellule vengono raccolte senza la necessità di sacrificare un animale. L’approccio coinvolge il prelievo di un piccolo campione di cellule, come cellule muscolari, che vengono coltivate e proliferate in un substrato nutriente, dando origine a tessuto muscolare che può essere utilizzato per produrre carne.

Uno dei vantaggi più evidenti della carne coltivata è la significativa riduzione dell’impatto ambientale rispetto all’allevamento tradizionale. La produzione di carne è notoriamente responsabile di una considerevole quantità di emissioni di gas serra, deforestazione e consumo di acqua. Con la carne coltivata, questi impatti possono essere notevolmente ridotti. Studi indicano che la carne coltivata richiede meno terreno, acqua e produce meno gas serra rispetto alla produzione tradizionale di carne. Dal punto di vista etico, la carne coltivata elimina la necessità di allevare animali per il consumo alimentare. La pratica dell’allevamento intensivo ha suscitato preoccupazioni riguardo al benessere degli animali, alle condizioni di vita disagevoli e alle pratiche di macellazione. La carne coltivata offre un’alternativa che non richiede la soppressione di animali per soddisfare la domanda di carne.

La carne coltivata può rappresentare una soluzione chiave per affrontare la crescente domanda globale di carne, fornendo una fonte sostenibile e affidabile di proteine. Poiché la popolazione mondiale continua a crescere, la carne coltivata potrebbe contribuire a garantire la sicurezza alimentare, riducendo la dipendenza dall’allevamento intensivo e le relative sfide logistiche e di approvvigionamento. Dal punto di vista della sicurezza alimentare, la produzione controllata in laboratorio può ridurre il rischio di contaminazioni batteriche o virali associate alla carne tradizionale. In un ambiente sterile e controllato, la carne coltivata può essere prodotta con standard igienici elevati, riducendo la probabilità di malattie trasmesse attraverso il consumo di carne.

Sfide e prospettive future

Nonostante i numerosi vantaggi, la carne coltivata affronta ancora alcune sfide, tra cui il costo di produzione, la necessità di affinare le tecniche di coltivazione e la percezione del consumatore. Attualmente, il costo di produzione è elevato, ma con l’avanzare della tecnologia e l’aumento della produzione su larga scala, ci si aspetta che i costi diminuiscano nel tempo. La percezione del consumatore è un altro aspetto cruciale da considerare. Educare il pubblico sulle potenzialità della carne coltivata in termini di sostenibilità, etica e sicurezza alimentare sarà essenziale per la sua adozione su scala globale.

Un’analisi globale tra Israele, Singapore e gli Stati Uniti

La recente approvazione da parte del Ministero della Salute israeliano sulla produzione e commercializzazione di carne coltivata ha attirato l’attenzione mondiale, tuttavia, questo evento va inserito in un contesto più ampio di cambiamenti globali. Mentre Israele si pone all’avanguardia in questo settore, non è il solo Paese a tracciare nuovi percorsi nell’industria alimentare. Singapore e gli Stati Uniti, già protagonisti in questo scenario, stanno delineando un futuro sostenibile e alternativo nella produzione di carne.

laboratorio microscopio
Immagine | unsplash @loganmorenogutierrez – cityzen.it

 

Singapore: un precursore nella carne coltivata

Sin dal dicembre 2020, Singapore ha anticipato il futuro alimentare annunciando l’approvazione di prodotti a base di carne coltivata in laboratorio. La startup Eat Just ha lanciato con successo un prodotto a base di “pollo coltivato”, sottolineando la sua autenticità come carne di alta qualità, prodotta in modo etico e sicuro.

Stati Uniti: passi decisivi verso la sostenibilità alimentare

Negli Stati Uniti, le startup Upside Foods e Good Meat hanno ottenuto l’approvazione nel 2023 per la vendita di carne coltivata, concentrando la loro attenzione sulle cellule di pollo. Questa approvazione rappresenta un passo significativo verso un’industria della carne più sostenibile, riducendo la dipendenza dall’allevamento animale tradizionale.

Israele: innovazione con un approccio unico

Sebbene Israele sia arrivata più tardi sulla scena della carne coltivata, si distingue per la scelta di utilizzare cellule bovine. La decisione del Ministero della Salute israeliano è stata guidata dalla crescente richiesta globale di proteine e dalla necessità di sviluppare prodotti privi di origine animale. Aleph Farms e Rehovot sono le aziende incaricate di portare avanti questa iniziativa all’avanguardia. Aleph Farms prevede una distribuzione iniziale della carne ai ristoratori, con progetti futuri di espansione nel mercato al dettaglio.

La situazione italiana

Nel nostro Paese la questione è ferma al novembre 2023. La controversia sulla carne coltivata in Italia ha raggiunto il suo apice con uno scontro fisico fuori dal Palazzo Chigi. Mentre la Camera approvava il disegno di legge che vieta la produzione e la distribuzione di carne coltivata nel paese, il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, si è scontrato fisicamente con il segretario di +Europa, Benedetto Della Vedova, e altri parlamentari che contestavano il provvedimento. Questo accade in un momento in cui il 55% degli italiani mostra interesse nell’acquisto di prodotti di carne coltivata.

Lo scontro e le contestazioni

Coldiretti, in linea con il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, ha celebrato l’approvazione del divieto con un presidio fuori dal governo. Contestualmente, esponenti di +Europa protestavano per lo stesso motivo. Le tensioni sono salite quando i parlamentari hanno esposto cartelli criticando il divieto come “antiscientifico” e “anti-italiano”. Prandini ha reagito agitandosi, definendo i manifestanti “delinquenti” e “buffoni”, arrivando a uno scontro fisico.

Il divieto approvato

Il governo Meloni ha lavorato a questo divieto fin dai primi giorni al potere. Il testo, ora in attesa di essere promulgato dal presidente della Repubblica, vieta l’uso di termini come “bistecca” o “salame” per prodotti a base vegetale e proibisce la produzione e commercializzazione di alimenti derivati da colture cellulari. Tuttavia, questo divieto potrebbe essere annullato dall’Unione europea. Il divieto di importazione viola le norme europee sulla libera circolazione delle merci e rischia di essere considerato illegittimo poiché è stato istituito prima che l’UE avesse norme specifiche sulla carne coltivata. Se l’Unione europea approvasse la commercializzazione della carne coltivata, il divieto italiano verrebbe annullato. L’Associazione Luca Coscioni avverte che questo divieto potrebbe danneggiare la ricerca e l’impresa italiane nel lungo periodo. Ridurrebbe gli investimenti nel settore, spingendo i ricercatori all’estero e ostacolando la lotta al cambiamento climatico. Inoltre, potrebbe dare un vantaggio competitivo ai produttori esteri. Considerando che l’Italia importa circa il 60% della carne bovina consumata nel paese, il divieto potrebbe aumentare questa dipendenza estera. Inoltre, un sondaggio riporta che il 55% dei consumatori italiani è interessato all’acquisto di carne coltivata, suggerendo un potenziale mercato significativo. L’Associazione Coscioni prevede di presentare un ricorso contro il divieto del governo Meloni presso il comitato dell’ONU sui diritti economici, sociali e culturali. Sostengono che il divieto potrebbe violare l’articolo 15 del Patto internazionale dei diritti delle Nazioni Unite, in particolare il diritto alla scienza.

La carne coltivata emerge come una pietra miliare nel futuro dell’industria alimentare. Offre una via sostenibile, etica e efficiente per soddisfare la crescente richiesta di carne, contribuendo allo stesso tempo alla riduzione degli impatti ambientali e al miglioramento del benessere animale. Con ulteriori sviluppi e accettazione da parte del pubblico, la carne coltivata potrebbe ridefinire radicalmente il nostro approccio alla produzione e al consumo di carne.

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