Se un lavoratore presenta richiesta di congedo per gravi motivi di salute può essere pagato per le ferie maturate e non godute? La legge non lascia dubbi.
Le ferie annuali retribuite sono un diritto riconosciuto dall’art. 36 della Costituzione.
I lavoratori non possono rinunciarvi, neanche in cambio di un trattamento economico superiore a quello spettante.
Ai sensi dell’art. 10, comma 1, del Decreto Legislativo n. 66/2003, i lavoratori dipendenti hanno diritto a un periodo di ferie retribuite di almeno quattro settimane. I contratti collettivi, però, possono stabilire una durata superiore.
Le quattro settimane obbligatorie per legge vanno suddivise nel seguente modo:
- due settimane consecutive durante l’anno di maturazione;
- due settimane entro i 18 mesi seguenti l’anno di maturazione.
Il periodo di godimento delle ferie viene deciso tenendo conto sia di particolari esigenze aziendali sia degli interessi del lavoratore. A stabilirlo è l’art. 2109 del Codice Civile. Se, dunque, non ci sono delle specifiche ragioni produttive e organizzative che ostacolino il godimento dei giorni di ferie nel periodo scelto dal dipendete, il datore di lavoro non ha la facoltà di obbligare la fruizione delle ferie in precise giornate.
I dipendenti pubblici hanno diritto a presentare domanda di quiescenza per gravi motivi di salute. Nell’ipotesi in cui abbiamo maturato delle ferie e non siano riusciti a sfruttarle, possono pretendere un trattamento economico per tali giorni? Vediamo cosa stabilisce la normativa vigente.
Ferie maturate e non godute durante la quiescenza per gravi motivi di salute: vanno monetizzate?
La legge, purtroppo, non permette ai dipendenti pubblici di ottenere un’indennità sostitutiva delle ferie, nel caso in cui queste siano state maturate e non godute dal lavoratore che beneficia del congedo per gravi motivi di salute.
Tale regola si applica anche alle ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro per mobilità, dimissioni, risoluzione, pensionamento e raggiungimento del limite di età.
Di recente, tuttavia, un orientamento della giurisprudenza ammette che il principio debba essere rivisto alla luce della normativa comunitaria interpretata dalla Corte di Giustizia Europea. I giudici hanno, infatti, stabilito che i dipendenti pubblici possono ottenere la monetizzazione delle ferie maturate e non godute anche nel caso in cui decida di cessare in maniera volontaria l’attività lavorativa, se non hanno potuto utilizzare le ferie durante il servizio per ragioni imputabili al datore.
Quest’ultimo, dunque, ha l’onere di provare di aver posto il dipendente nelle condizioni di poter godere delle ferie maturate durante la vigenza del rapporto di lavoro.
In conclusione, anche nell’ipotesi in cui il dipendente pubblico sia in quiescenza per gravi ragioni di salute, ha diritto alla monetizzazione delle ferie, se il datore di lavoro non gli ha consentito di sfruttarle durante la vigenza del rapporto lavorativo.