I controlli sui conti correnti diventeranno sempre più serrati e il Fisco non avrà nemmeno bisogno di autorizzazioni.
La Cassazione dà carta bianca all’Agenzia delle Entrate. Le verifiche sui conti correnti dei cittadini possono scattare in qualsiasi momento senza necessità di autorizzazione preventiva. L’ordinanza di riferimento è la numero 4853 del 23 febbraio 2024.
Il processo di verifica con attività di prevenzione, ricerca e repressione delle violazioni delle norme fiscali nonché di qualificazione e quantificazione della capacità contributiva del cittadino è di competenza dell’Agenzia delle Entrate che agisce in collaborazione con la Guardia di Finanza. Bisogna distinguere tra i controlli formali che vengono effettuati su dichiarazioni selezionate in base ad un rischio calcolato (ora si usa anche l’Intelligenza Artificiale per rendere la selezione più accurata) e i controlli automatici.
Ma non sono solo le dichiarazione dei redditi nel mirino del Fisco. Anche i conti correnti sono oggetto di interesse. Versamenti, prelievi, trasferimenti di denaro, tutto deve essere comprensibile agli occhi dell’Agenzia delle Entrate oppure scatteranno accertamenti fiscali che richiederanno al cittadino di giustificare il proprio operato. Molti contribuenti si chiedono quanto sia il margine di azione del Fisco, se ha paletti da rispettare e se servono autorizzazioni per effettuare i controlli.
Carta bianca al Fisco sui controlli dei conti correnti
La sentenza di riferimento è legata ad una vicenda che ha come protagonista un avviso di accertamento con recupero di maggior reddito da parte dell’Agenzia delle Entrate. La somma è di 144.332,77 euro ai fini IRPEF, IRAP e IVA con riferimento all’anno d’imposta 2006. Il recupero è stato conseguente ad accertamenti bancari effettuati verso un contribuente che ha avanzato ricorso. La Commissione Tributaria di Taranto ha inizialmente accolto il ricorso e decurtato in parte l’imponibile.
L’appello ha portato alla stessa risoluzione con la Commissione che dichiarava nullo l’accertamento per illegittimità dell’acquisizione dei dati bancari dato che mancava la richiesta di autorizzazione alle indagini. L’AdE ha avanzato, poi, ricorso alla Cassazione. Ebbene, la Suprema Corte ha sottolineato che l’assenza dell’autorizzazione durante indagini bancarie per l’accertamento di imposte dirette non implica l’inutilizzabilità dei dati acquisiti se mancano previsioni specifiche a meno che non ne derivi un pregiudizio al contribuente (viene messa in discussione la tutela dei diritti di rango costituzionale come l’inviolabilità del domicilio o della libertà personale).
L’autorizzazione secondo la Cassazione riguarda solo i rapporti interni dove non vige il principio di inutilizzabilità della prova acquisita. Questa e altre considerazioni hanno portato la Corte Suprema a ritenere errata la sentenza della Commissione Tributaria Regionale con conseguente rifiuto del ricorso del contribuente.