Sono ancora molti i Paesi in Europa in cui i cittadini lavorano troppo, e i divari esistono su più piani: da paese a paese, tra uomini e donne e tra categorie di lavoratori
Gli orari di lavoro eccessivi hanno effetti negativi sulla salute psicofisica dei lavoratori e minano la loro sicurezza. Senza contare che impediscono loro di trascorrere sufficiente tempo in autonomia, per sviluppare la propria socialità, trascorrere tempo con la propria famiglia e soddisfare i propri interessi culturali e intellettuali.
Inoltre diversi stati europei negli ultimi anni hanno iniziato a condurre esperimenti per ridurre il numero di ore o di giornate di lavoro. In Svezia per esempio già dal 2015 è stata introdotta la giornata lavorativa di 6 ore, mentre vari paesi tra cui Belgio, Germania e Spagna hanno adottato la settimana di 4 giorni.
Nonostante si tratti di un dibattito ancora aperto, sembrerebbe che lavorare meno sia benefico non solo per i lavoratori stessi ma anche per la loro produttività, che ne risulta incrementata. Tuttavia, nonostante il fatto che l’Europa sia privilegiata rispetto al resto del mondo da questo punto di vista, sono ancora molti i cittadini dell’Unione che lavorano troppo.
Si può osservare anche una grande frammentazione a livello nazionale e regionale, all’interno dei singoli paesi, segno che esistono ancora disuguaglianze significative: non sono infatti i paesi più benestanti quelli in cui si lavora di più, ma il contrario. Inoltre sussistono anche disparità interne, tra chi lavora poco e chi tanto.
Mediamente in Europa gli occupati (con cui si intende sia i dipendenti che gli autonomi, con dipendenti o meno, part-time e full-time) lavorano in media 36,2 ore alla settimana.
Tra dipendenti e autonomi c’è una differenza: i primi ne lavorano mediamente 35,3, i secondi 41,7. Lo stesso, anzi con un divario più marcato, si può chiaramente osservare anche tra lavoratori a tempo pieno e a tempo parziale: i primi registrano un valore di 44,5 ore e i secondi di 20,3 (pesano meno perché nel complesso sono meno numerosi).
Sia a livello nazionale che regionale in Europa si rilevano notevoli differenze per quanto riguarda l’impegno lavorativo settimanale.
In ogni caso, sono tutte greche le regioni in cui si lavorano più ore ogni settimana. Cifre elevate si riscontrano anche in alcune regioni della Polonia, della Romania e della Bulgaria, ma anche in Alentejo (Portogallo), in due regioni ceche e in una slovacca.
La cifra più bassa invece si registra nella regione olandese di Groningen, la quale riporta una media settimanale di 29,9 ore. Oltre 16 di differenza rispetto alle isole Ionie, in Grecia, che con 46,2 ore di lavoro a settimana detengono il record europeo.
A livello nazionale è quindi la Grecia il paese Ue in cui si lavora di più, con una media di 39,7 ore alla settimana. Seguono Romania, Polonia e Bulgaria, tutte sopra le 39. Agli ultimi posti i Paesi Bassi con appena 31,1, seguita a una certa distanza da Danimarca e Austria, che riportano rispettivamente una media di 33,6 e 33,7. Con 36,2 ore lavorative, l’Italia è esattamente in linea con la media dell’Ue.
La Grecia sale poi a una media di 41,7 ore settimanali se si isolano gli occupati di genere maschile, con una differenza di quasi 5 ore rispetto alle donne (36,9). Una differenza che risulta essere in linea con la media europea: 5,1 ore la differenza di genere di impegno lavorativo settimanale, mediamente in Ue (2022).
Le settimane lavorative più lunghe per le donne si registrano in Romania (39,2) e in Bulgaria (39). Questi sono anche i due paesi con il divario di genere più contenuto (meno di un’ora a settimana di differenza). I divari più ampi si registrano invece nei Paesi Bassi (8,2 ore settimanali), in Austria (7,7), in Germania (7,6) e in Irlanda (7,1). L’Italia, con 6,8 ore alla settimana di differenza, è al quinto posto tra i paesi membri.
In Europa, a parte in alcuni specifici settori (sanitario, protezione civile, industrie che non possono essere interrotte per ragioni tecniche e agricoltura), l’orario di lavoro settimanale non dovrebbe superare le 48 ore.
Tuttavia sono ancora molti i cittadini europei che superano regolarmente questo limite, un fenomeno fortemente lesivo della salute psico-fisica.
La Grecia è il primo paese Ue per quota di occupati che dichiarano di lavorare più di 48 ore alla settimana (12,6%). Seguono la Francia (10,2%) e Cipro (9,7%). Bulgaria e Lituania riportano invece un dato inferiore all’1%.
L’Italia, con il 9,4%, è al quarto posto insieme al Portogallo. È interessante notare come in Italia ci sia in questo senso una differenza: a livello di ore medie, il dato non è particolarmente elevato e anzi del tutto in linea con la media dell’Unione, mentre risulta elevata, rispetto alla media, la quota di occupati che lavorano “troppo”.
Considerato che all’interno del rilevamento sulla forza lavoro Eurostat ottiene dichiarazioni, più affidabili di altri tipi di dati per quanto riguarda il sommerso, sembra esserci nel nostro paese una certa polarizzazione. Mediamente orari “normali”, ma un gruppo consistente di persone supera il numero di ore considerate consone. Il che vuol dire che gli altri occupati hanno orari molto meno impegnativi. O che c’è un’ampia parte della popolazione che lavora part-time.
Al contrario in un paese come la Bulgaria, al quarto posto in Ue per ore lavorative medie (38,6), la quota di persone che superano il limite è molto basso, indice di una forte omogeneizzazione da questo punto di vista.
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