Hai ricevuto la NASpI anticipata e devi restituirla? Niente panico, in questo caso i soldi sono salvi

Coloro che vengono licenziati hanno diritto alla NASpI anticipata. Ma cosa accade alla prestazione in caso di chiusura dell’attività?

La NASpI è l’indennità di disoccupazione che spetta ai lavoratori licenziati o che si sono dimessi per giusta causa.

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In alcuni casi la NASpI va restituita (cityzen.it)

Se il beneficiario vuole intraprendere un’attività lavorativa autonoma o avviare un’impresa individuale, può richiedere la NASpI anticipata, cioè versata in un’unica soluzione. Nel caso in cui tale attività non dovesse avere i frutti sperati e venisse chiusa per cause di forza maggiore, cosa succederebbe alla NASpI? Bisognerebbe restituirla?

Al riguardo è intervenuta un’importa sentenza della Corte Costituzionale, la n. 90/2024. Vediamo quali novità ha stabilito.

Obbligo di restituzione della NASpI anticipata: quando sorge?

La NASpI anticipata può essere ottenuta da coloro che vogliono intraprendere:

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Quando va restituita la NASpI anticipata? (cityzen.it)
  • un’attività professionale autonoma come liberi professionisti;
  • un’attività di impresa individuale commerciale, artigiana, agricola;
  • una sottoscrizione di una quota di capitale sociale di una cooperativa;
  • la costituzione di società unipersonale (SRL, SRLS, SPA) con un unico socio;
  • la costituzione o l’ingresso in società di persone (SNC o SAS);
  • la costituzione o l’ingresso in società di capitali (SRL).

Se l’attività iniziata deve chiudere per cause esterne alla volontà del titolare della NASpI (come una crisi o una sopravvenuta e grave malattia), la prestazione non va restituita.

A stabilire tale principio è stata la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 90/2024. I giudici hanno dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 8, comma 4 del Dlgs n. 22/2015, che prevedeva l’obbligo di restituzione dell’intero importo della NASpI anticipata nel caso in cui il beneficiario avesse stipulato un contratto di lavoro subordinato durante il periodo di percezione dell’indennità.

Di conseguenza, la Consulta ha sancito che se il lavoratore ha ottenuto il pagamento della NASpI in soluzione unica per aprire un’impresa e l’attività cessa per ragioni sopravvenute non imputabili al lavoratore, la prestazione non va restituita per intero.

L’obbligo di restituzione, infatti, riguarda solo la quota che si riferisce al periodo in cui è stata svolta una nuova attività lavorativa subordinata. Solo in tale ipotesi la NASpI è senza causa e, di conseguenza, illegittima.

La Corte Costituzione ha, infine, sottolineato che non ha alcuna incidenza il rischio d’impresa che grava sul lavoratore che opta per l’anticipo della NASpI rispetto all’erogazione su base mensile. Il fallimento dell’attività posta in essere, dunque, obbliga alla restituzione totale delle somme percepite in anticipo soltanto se è sorto un rapporto di lavoro subordinato durante il periodo al quale si riferisce la NASpI.

Al di fuori di tale ipotesi, la restituzione dell’indennità di disoccupazione non può essere pretesa. Al massimo il beneficiario dovrà provvedere al rimborso parziale.