Se hai percepito una busta paga inferiore alla norma potresti aver fatto delle assenze in giorni non consentiti. Come rimediare?
I lavoratori possono assentarsi dal lavoro e continuare a ricevere la normale retribuzione.
È il caso delle ferie, dei permessi e dei congedi (ad esempio il congedo straordinario biennale), duranti i quali si viene ugualmente pagati.
Ci sono, però, anche delle particolari giornate di assenza per le quali, invece, non si ha diritto allo stipendio. Di conseguenza, il dipendente riceverà a fine mese una somma più bassa. In quali casi sono previste le assenze non retribuite? Vediamo cosa stabilisce la legge.
Ti sei assentato in queste giornate? Potresti non avere diritto alla retribuzione
I giorni di assenza dal lavoro non retribuita si dividono in due categorie: quelli che non possono essere giustificati dal dipendente e quelli che possono essere giustificati da un valido motivo ma che si riferiscono a permessi o aspettative non retribuite.
Non spetta lo stipendio né l’accredito dei contributi nell’ipotesi di assenza ingiustificata.
Quest’ultima si verifica quando il lavoratore non avverte il datore in anticipo del mancato svolgimento dell’attività lavorativa e non presenta, nei giorni successivi, la documentazione necessaria per provare le ragioni dell’assenza.
Tale comportamento non viene tollerato nella maggior parte dei casi e, dunque, se protratto, può essere una valida ragione alla base del licenziamento per giusta causa.
Lo stipendio non spetta anche per i permessi, i congedi e le aspettative non retribuiti. In tal caso, però, ai lavoratori è concessa la possibilità di giustificare l’assenza e, dunque, non si rischia di essere licenziati.
Fanno parte di tale categoria i permessi per malattia del figlio, l’aspettativa non retribuita per gravi motivi personali e familiari (come l’infermità del coniuge) e l’aspettativa per lo svolgimento di altre attività (ad esempio, lo svolgimento delle attività formative, delle cariche pubbliche elettive e del volontariato).
Ci sono, infine, delle tipologie di permesso e di congedo che consentono la conservazione del posto di lavoro ma che prevedono l’erogazione dello stipendio in misura ridotta. Vi rientrano:
- i permessi per malattia, retribuiti al 50% dal quarto al ventesimo giorno di malattia e al 66,66% dal ventunesimo al centottantesimo giorno. Alcuni Contratti Collettivi Nazionali, tuttavia, prevedono che spetti al datore di lavoro integrare la restante percentuale;
- il congedo di maternità, retribuito all’80%;
- il congedo parentale, riconosciuto sia al padre sia alla madre per assistere il figlio durante i primi anni di vita. È retribuito al 30% ma solo per un periodo massimo di nove mesi. I giorni che eccedono tale limite, quindi, non vengono pagati.