Il sogno della Riforma delle Pensioni sfuma nuovamente. Si continuerà con la Legge Fornero nel 2025 e forse con Quota 104.
Il Documento di Economia e Finanza manda in frantumi le poche speranze dei lavoratori. Niente risorse da destinare alla Riforma delle Pensioni nemmeno nel 2025. Tutto rimarrà com’è o i cambiamenti saranno minimi.
Bisogna pensare a raggiungere gli obiettivi di crescita del PIL e di conseguenza non ci saranno soldi in più da spendere per le pensioni degli italiani. La Riforma delle Pensioni è rimandata al 2026, annuncio che lancia l’ennesima delusione ai lavoratori. Chi sperava in nuove misure strutturali e maggiore flessibilità dovrà accettare la realtà. Non solo i cambiamenti sperati non ci saranno il prossimo anno ma probabilmente se dovessero essere effettuate delle modifiche sarebbero per peggiorare gli attuali scivoli.
Rimarranno sicuramente uguali la pensione di vecchiaia, la pensione anticipata ordinaria e la pensione per i precoci non essendoci stato un miglioramento delle aspettative di vita a causa del Covid. Per le pensioni anticipate, invece, si ipotizzano nuovi paletti che ristringeranno ulteriormente la platea dei beneficiari. Purtroppo l’attuale situazione demografica italiana e la bassa natalità non permettono di pensare ad un sistema previdenziale sostenibile.
Per sostenere la previdenza sociale occorrerà ridurre sempre più i pensionamenti anticipati. Il Governo ha iniziato nel 2024 rendendo meno accessibili Quota 103 e la pensione contributiva a 64 anni e probabilmente seguirà questa strada nel 2025. Questo nonostante la Premier Giorgia Meloni abbia promesso una Riforma strutturale e sostenibile prima della fine della legislatura.
Al momento ci sono miliardi e miliardi da spendere per la Manovra 2024. Cosa rimarrà per le pensioni del prossimo anno? Nulla, tanto da dover restringere ulteriormente i paletti. Da qui l’idea di Quota 104 con pensionamento a 63 anni di età (ottimo) ma con 41 anni di contributi (traguardo lontano per tanti lavoratori) e accettazione del sistema contributivo per tutti (pessimo considerando il taglio dell’assegno per chi ha iniziato a versare contributi prima del 1996).
L’aumento di un anno del requisito anagrafico significherebbe lo slittamento del pensionamento dei nati nel 1963 che speravano di lasciare il mondo del lavoro nel 2025 grazie a Quota 103. Dovranno attendere ancora forse un altro anno, forse di più. La situazione, purtroppo, è difficile da cambiare pertanto l’ipotesi più attendibile è che difficilmente si potrà lasciare il lavoro in anticipo nel 2025 rispetto le attuali condizioni. E la famosa Quota 41 contributiva dov’è? Accantonata nuovamente in attesa di tempi economicamente migliori.
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