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Integratori botanici non sempre fanno bene, lo studio che rivela la verità nascosta

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Dario Quattro

Sei integratori botanici al centro di uno studio che fa discutere: di che si tratta e la relativa contestazione, i dettagli

Uno studio ad opera dei ricercatori dell’Università del Michigan si è soffermato su quelli che potrebbero essere danni epatici relativamente ai consumatori abituali di sei integratori botanici. Oggetto dell’indagine gli integratori a base di curcuma, estratto di tè verde, garcinia cambogia. Così come cohosh nero, riso rosso fermentato e ashwagandha. Ecco alcuni dettagli e una risposta allo studio stesso.

Integratori botanici, lo studio – cityzen.it

Al centro dello studio recente ad opera dei ricercatori, pubblicato su JAMA Network Open, l’analisi dell’esposizione a sei botanici, i quali secondo l’indagine sarebbero potenzialmente epatossici. Lo studio si è occupato di analizzare anche quelle che sarebbero le implicazioni in merito alla salute pubblica. I relativi risultati hanno suscitato una gran polemica, spiega Il Salvagente.

Più nel dettaglio, per lo studio sono stati impiegati i dati del National Health and Nutrition Examination Survey (NHANES), che son stati raccolti fra il gennaio del 2017 ed il mese di marzo del 2020, al fine di valutare prevalenza e caratteristiche cliniche di soggetti adulti statunitensi, i quali consumano i 6 botanici. Si tratta della curcuma, dell’estratto di tè verde, della Garcinia cambogia, del cohosh nero, del riso rosso fermentato e dell’ashwagandha.

Lo studio su specifici integratori botanici: alcuni numeri e il commento dello chief science officer dell’American Botanical Council

Ad esser inclusi nello studio, 9.685 adulti, spiega Il Salvagente, e il 57.6 per cento di questi ha riferito di aver usato quantomeno un integratore alimentare negli ultimi trenta giorni. Di questi, il 4.7 per cento ha impiegato quantomeno 1 dei 6 botanici che sarebbero potenzialmente epatotossici, si legge. La più comune, con 236 utenti, la curcuma. A seguire, l’estratto di tè verde con 92 utenti, l’ashwagandha con 28 utenti, la Garcinia cambogia con 20 utenti. E ancora, il riso rosso fermentato con 20 utenti ed il cohosh nero con 19 utenti.

Integratori botanici, cosa emerge lo studio e il commento in risposta – cityzen.it

Molti degli utenti ha riferito di usare tali prodotti per il miglioramento o il mantenimento della salute, per la prevenzione di problemi di salute e per il rafforzamento del sistema immunitario. Per esempio, il 27.2 per cento di coloro che assumevano con costanza il tè verde – si legge ancora – puntava al miglioramento dei livelli d’energia.

Stando all’analisi, all’incirca 15.6 milioni di adulti negli Stati Uniti hanno usato quantomeno uno di tali botanici negli ultimi 30 giorni. Si tratta di un numero paragonabile a quello di coloro che assumano farmici prescritti associati ad un rischio maggiormente elevato epatotossicità, come i farmaci anti infiammatori non steroidei. Secondo i ricercatori, tali dati sottolineerebbero la necessità di più consapevolezza dei medici in merito ai potenziali effetti avversi, così come di un controllo maggiormente rigoroso e di un’adeguata regolamentazione degli integratori botanici.

Come detto in apertura, non sono mancate le polemiche, le quali hanno coinvolto associazioni botaniche ed altri scienziati. Al riguardo, lo chief science officer dellAmerican Botanical Council, Stefan Gafner (PhD), ha avuto modo di commentare tali aspetti tramite un giornale specializzato del settore, ovvero il NutraIngredients Europe. 

Gli aspetti contestati chief science officer dell’American Botanical Council

Questi ha spigato che, nel momento in cui sono  pubblicati i report sui casi, “gli ingredienti botanici nei prodotti presumibilmente dannosi raramente vengono autenticati con tecniche analitiche appropriate“. Vari – ha sottolineato – sono i casi di “danno epatico presumibilmente dovuti a un estratto botanico“, i quali poi in seguito “sono stati attribuiti alla presenza di farmaci convenzionali o ad altri tipi di adulterazione”. Gafner ha rimarcato che la corretta identificazione degli ingredienti è un elemento cruciale di una valutazione di casualità.

Inoltre, ha avuto modo di contestare che gli effetti registrati si debbano realmente sempre all’impiego di tali integratori. Gafner ha spiegato che il documento DLIN suggerisce che vi siano problemi di qualità esistenti con taluni prodotti. Il documento DLIN ha riportato cento quaranta (51 per cento) dei prodotti analizzati quali etichettati in modo errato, e novantuno di questi come contenenti un composto epatotossico, ovvero – si legge su Il Salvagente.it – aflatossine, steroidi anabolizzanti, antrachinoni, alcaloidi pirrolizidinici e farmaci.

Il suddetto DLIN menzionato nell’indagine è un consorzio di ricerca, il quale raccoglie e analizza casi di gravi lesioni epatiche dovute a farmaci prescritti, da banco e medicine alternativa, fra cui integratori alimentari a base di erbe. Gafner ha affermato che “un certo numero i questi adulteranti includeva steroidi o farmaci da prescrizione“. Dunque, ha continuato, “questi prodotti non sono integratori alimentari ma farmaci mascherati da integratori alimentari”, ha affermato ancora Gafner.

Questi, alcuni dettagli in generale, in breve e sintetici sul tema, da poter approfondire facendo riferimento alle fonti citate.

Le informazioni presenti in questo articolo hanno esclusivamente scopo divulgativo e riguardano studi scientifici o pubblicazioni su riviste mediche. Pertanto, non sostituiscono il consulto del medico o dello specialista, e non devono essere considerate per formulare trattamenti o diagnosi.

Dario Quattro

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