Le nuove regole IRPEF introducono una nuova modalità di approccio per il pagamento delle tasse, che tutti devono seguire.
L’Agenzia delle Entrate ha emanato una circolare in cui ha chiarito le opzioni di applicazione dell’Irpef e per spiegare ai contribuenti come procedere per il pagamento delle tasse.
La circolare 2 del 6 febbraio 2024 dell’AdE ha specificato le istruzioni da seguire, sia per l’imposta sui redditi per persone fisiche e sia per le nuove limitazioni, indicando quelle che sono le soglie relative per la rimodulazione delle quote.
IRPEF, cosa cambia per il 2024
La novità fondamentale da comprendere e che è alla base di questa variazione è il passaggio da 4 a 3 aliquote, quindi automaticamente al cambiamento delle fasce di reddito che questo comporta.
Oggi per i redditi fino a 28 mila euro si applica l’aliquota fissa del 23% sul reddito. Fino a 50 mila euro con aliquota relativa al 35% e imposta di 6.440 euro e il 35% del reddito per la soglia che supera i 28 mila euro e fino ai 50 mila euro. Oltre i 50 mila euro con un’aliquota del 43% applicata con un’imposta di 14.140 euro e il 43% del reddito che supera i 50 mila euro.
Quello che cambia in modo particolare è il secondo scaglione. Rispetto agli altri anni quindi il primo è stato innalzato e il secondo è stato soppresso, quindi sono soprattutto i redditi medio-bassi che subiranno modifiche dal punto di vista pratico nel calcolo. Una questione aggiuntiva è quella relativa alla cedolare secca e al regime forfettario che ora rientrano nelle agevolazioni ACE.
Viene introdotta anche una no tax area ovvero una fascia di reddito entro cui non si pagano le imposte. Dal 2024 questa riguarda sia i lavoratori dipendenti che i pensionati per redditi fino a 8.500 euro (quindi la soglia viene innalzata rispetto all’anno precedente). Rientrano in questa soglia sia pensionati che lavoratori dipendenti mentre per il 2023 questo limite era applicato solo ai pensionati. Capitolo a parte per il trattamento integrativo, ex Bonus Renzi, che è stato confermato e viene riconosciuto a coloro che hanno un reddito inferiore ai 15 mila euro.
Dal primo gennaio è stato anche eliminato l’ACE, l’aiuto per la crescita economica che non viene più applicato sui fondi. Tutto questo si traduce in termini semplici in un cambiamento per quanto concerne pensioni e redditi da lavoro dipendente. In alcuni casi ci sono degli aumenti perché la pressione fiscale inferiore fa aumentare il netto in busta paga. Resta comunque la necessità di valutare caso per caso.