La pensione di reversibilità viene pagata a determinate categorie di parenti di un pensionato deceduto. Vi rientra anche l’ex coniuge? Ecco la verità.
La pensione di reversibilità (o pensione ai superstiti) è una prestazione che spetta ai superstiti di un pensionato deceduto.
Il trattamento previdenziale, tuttavia, non spetta a tutti i familiari, ma soltanto a coloro che erano legati da determinati rapporti di parentela e che, al momento della morte, si trovavano a carico del defunto.
In particolare, hanno diritto alla pensione di reversibilità i figli minori oppure studenti fino a 21 o 26 anni di età e il coniuge convivente. Cosa succede nel caso di separazione o divorzio? L’ex coniuge può ricevere la prestazione? In queste ultime ipotesi, la normativa prescrive la sussistenza di determinate condizioni, necessarie per tutelare gli interessi di tutte le parti coinvolte.
Vediamo, dunque, se l’ex coniuge può beneficiare della pensione di reversibilità ed, eventualmente, quali sono i requisiti richiesti.
Pensione di reversibilità all’ex coniuge: tutte le ipotesi in cui viene riconosciuta
La pensione di reversibilità può essere erogata anche in favore dell’ex coniuge.
È, tuttavia, necessario che quest’ultimo:
- non abbia contratto nuove nozze;
- sia titolare, al momento della morte del pensionato, dell’assegno divorzile;
- il rapporto da cui ha origine la pensione deve essere anteriore alla data della sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Una questione particolare riguarda il caso del riconoscimento della pensione di reversibilità al coniuge separato per colpa o con addebito della separazione. L’INPS riconosceva la prestazione solo se il coniuge risulta titolare di assegno di mantenimento, deciso tramite provvedimento del Tribunale.
La Corte di Cassazione, invece, ha più volte respinto tale orientamento, sostenendo che non può essere accettata una disparità di trattamento nei confronti del coniuge superstite separato sulla base del titolo della separazione.
L’art. 151 del codice civile, infatti, relativo all’istituto della separazione personale, ha subito una riforma in seguito alla sentenza della Corte Costituzionale n. 286 del 1987. La pensione di reversibilità, dunque, deve essere accreditata anche al coniuge separato per colpa o con addebito, che viene considerato alla stregua del coniuge superstite non separato.
Nei suoi confronti, inoltre, opera la presunzione legale di convivenza con il pensionato al momento del decesso.
Di conseguenza, non può essere considerata legittima alcuna difformità di trattamento che derivi da un eventuale titolo alla base della separazione. Il trattamento previdenziale, in altre parole, spetta al coniuge separato a prescindere dalla colpa o dall’addebito della separazione.
A chiarire questa situazione è stato l’INPS, con la Circolare n. 19/2022, con la quale ha dovuto finalmente conformarsi all’orientamento della Corte di Cassazione. L’Istituto di Previdenza ha, infatti, sottolineato che la pensione di reversibilità deve essere riconosciuta anche all’ex coniuge con addebito della separazione.
In conclusione, tutti i coniugi hanno diritto alla prestazione riservata ai familiari superstiti.