Parlare di sostenibilità oggi è importante, e la moda sembra voler andare in una direzione sempre più green
Il 2030 è l’anno nel quale l’ONU ha deciso di fissare 17 obiettivi per uno sviluppo sostenibile. Accanto alla lotta alla povertà, alle diseguaglianze e in favore dei diritti umani, l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite inserisce anche l’impegno a una produzione a impatto zero sull’ambiente.
Non si pensi che per parlare di moda sostenibile sia sufficiente far ricorso a una fibra organica. La realtà è molto più complessa di così.
Il settore della moda è di fatto fra i più inquinanti, ma alcuni hanno finalmente deciso di stare dalla parte del Pianeta. Si stima che la moda sia la seconda filiera maggiormente responsabile dell’impatto negativo dell’uomo sull’ambiente, preceduta solo da quella dell’estrazione del petrolio. Si potrebbe dunque dire che la parola d’ordine per una moda davvero sostenibile sia consapevolezza. La consapevolezza è un fattore che deve investire tutta la filiera, dalle materie prime, alla produzione, alla distribuzione all’acquisto. A questa però deve accompagnarsi anche la trasparenza, da parte unicamente delle singole aziende, nel voler dichiarare i dati riguardo le emissioni, gli scarti e l’equità delle condizioni di lavoro.
Purtroppo per le aziende che operano seguendo dei processi quanto più possibile attenti alla sostenibilità, non è sempre facile. La sostenibilità pesa ancora troppo poco nelle scelte degli acquirenti italiani. Per quali ragioni? I motivi, secondo i rilievi statistici sul tema, sembrano riguardare la percezione della qualità e il prezzo del prodotto. Tuttavia a incidere sono anche delle scelte sbagliate in termini di comunicazione.
È di fondamentale importanza per noi consumatori conoscere quanti più aspetti possibile del funzionamento della moda, comprendendo anzitutto quanto una nostra scelta responsabile possa avere un impatto positivo sull’ambiente. E che si possano selezionare dei capi belli, originali, ma anche etici senza dover rinunciare al nostro stile e alla nostra unicità.
Negli ultimi anni alla moda è stato richiesto di plasmarsi in base alle nuove tendenze, ma anche alle richieste degli acquirenti. Questo mondo è stato in grado di evolversi e reinventarsi, e non a caso rimane uno dei principali vettori di innovazione nella ricerca di materiali e di tecnologie all’avanguardia, come si è potuto osservare anche nelle più recenti fashion week.
Perché questo circolo virtuoso possa innescarsi è necessario che vi sia una profonda conoscenza della materia prima dalla quale s’intende partire – sia questa un tessuto per un capo d’abbigliamento o una pianta dagli effetti benefici in termini di skincare. Per quel che attiene nello specifico l’abbigliamento, il riuso e il riciclo sono due pratiche importantissime per la creazione di un capo sostenibile. Non solo si eviterà di generare ulteriore scarto, ma anche da un punto di vista energetico si possono ottenere dei risparmi significativi.
Parte degli obiettivi dell’Agenda 2030 è anche la riduzione delle disparità e dunque un’etica del lavoro nei confronti degli operai degli stabilimenti tessili. Anche per questo passa la sostenibilità, per il rispetto della dignità dei lavoratori e per una loro paga congrua.
Un capo pronto deve essere successivamente immesso sul mercato e dunque distribuito su larga scala. Molte aziende hanno pertanto deciso di cambiare il packaging, rifiutando l’utilizzo della plastica e preferendo altri materiali meno impattanti e più facilmente smaltibili, generando dunque ancora una volta una risorsa.
Stilare una lista di tutti i brand che negli ultimi anni sono nati o si sono convertiti al green è pressocché impossibile, ma possiamo citarne alcuni fra i più famosi.
L’Italia è trainante in questo senso, presentando brand e progetti altamente innovativi. Fra questi citiamo The Barn, che realizza capi ispirati alla moda tennis degli Anni Settanta e realizzati in filati ricavati dall’ortica e non trattati con colori, se non di derivazione naturale. Ma anche Casasola, realtà toscana che ha valicato i confini della Penisola conquistando il cuore di molte celebrità d’Oltreoceano. Il marchio di lingerie al femminile Latte The Label realizza capi in fibra di bambù certificata e che si adattano alle forme femminili. Ma troviamo anche brand più conosciuti, come Gucci, OVS e Benetton.
Sul piano internazionale abbiamo H&M, The North Face, Patagonia, Puma, Timberland, C&A, Stella McCartney, Canada Goose, Mizar&Alcor.
Ma come abbiamo detto, la sostenibilità non passa solo per il settore puramente tessile, quando si parla di moda. Per le scarpe segnaliamo il marchio catalano Alohas, che realizzano scarpe solo su commissione e al 100% vegane. I gioielli di Missoma London sono realizzati in argento e oro riciclati. Per i costumi da bagno c’è Ozero Swimwear, con capi in Econyl, un nylon rigenerato proveniente da reti da pesca e plastica riciclata. Infine, per una skincare naturale e sostenibile c’è Rowse Beauty.
Insomma, parte del settore della moda sembra aver preso coscienza del proprio impatto sul Pianeta, e alcuni hanno deciso di assumersi la propria responsabilità e di rispondere agendo concretamente, al netto delle criticità che ancora permeano il settore.
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