Il CNEL ha avanzato una proposta di riforma del sistema pensionistico che contiene delle forti limitazioni per coloro che sono prossimi alla pensione.
Il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL) ha suggerito di introdurre la possibilità per i lavoratori di smettere di lavorare tra i 64 e i 72 anni, con un aumento del requisito contributivo di 5 anni per la pensione di vecchiaia. Allo stesso tempo, dovrà essere garantita maggiore flessibilità in uscita.
Il Governo è al lavoro sull’attesissima Riforma delle pensioni e sta cercando soluzioni che non gravino eccessivamente sulle finanze pubbliche. Alcuni partiti (tra cui la Lega), hanno proposto Quota 41 per tutti, ossia il pensionamento con 41 anni di contribuzione, a prescindere dall’età anagrafica.
Ma la proposta del CNEL rischia di incidere profondamente non solo sui requisiti anagrafici e contributivi di accesso alla prestazione previdenziale, ma anche sul meccanismo di calcolo del relativo assegno. Vediamo, dunque, cosa cambierà per il sistema pensionistico.
Attualmente, l’importo della pensione viene calcolato prendendo in considerazione i periodi di contribuzione accreditati prima del 1° gennaio 1996 e quelli accreditati dopo. In particolare, si considera un lasso temporale che comprende 15 età differenti, su cui si basano anche i cd. coefficienti di trasformazione.
La proposta del CNEL, invece, fissa un abbassamento del lasso di tempo a 9 anni, invece che a 15, e un’età per la pensione tra i 64 e i 72 anni. Cambieranno, dunque, non solo i coefficienti di trasformazione ma anche i requisiti contributivi per la pensione di vecchiaia. Attualmente, servono 20 anni di contributi per il pensionamento, mentre con la proposta del CNEL saranno necessari 5 anni in più, oltre alla maturazione di un assegno di importo pari almeno a 1,5 volte l’Assegno sociale (oggi, invece, la soglia è a 1).
Al momento, si tratta solo di un’ipotesi e non c’è alcun vincolo da parte del Governo di renderla effettiva. Quel che è certo, però, è che, in attesa della Riforma previdenziale vera e propria, sarà necessario intervenire sulle pensioni anticipate, grazie alle quali si può smettere di lavorare senza attendere il raggiungimento dei 67 anni di età. Alcuni strumenti di flessibilità, ad esempio, permettono l’uscita a 61 anni.
Non resta che attendere e scoprire quali saranno le mosse dell’Esecutivo per aggiornare il sistema pensionistico, senza un eccessivo peso sulle finanze pubbliche. Bisognerà, infatti, evitare troppe uscite anticipate, con importi molto elevati, che non farebbero altro che aggravare una situazione già molto critica.
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