Lo sviluppo tecnologico ha davvero il potere di metterci in contatto con delle persone defunte e a noi care? Ecco un interessante studio.
Quando qualcuno viene a mancare nella propria vita si sente un dolore ed una sofferenza così forti che delle volte non c’è nessun modo per poterla spiegare. Si vorrebbe tornare indietro nel tempo, fare tutto quello che non si è fatto e, soprattutto, dire quello che non si è potuto dire. Insomma, quella persona la si vorrebbe rendere immortale.
A quanto pare, sembra proprio che la tecnologia stia prendendo in considerazione anche queste situazioni che, purtroppo, fanno parte della vita e cerca, a suo modo, di alleviare il dolore come può. Ma, alla base di quanto andremo a riportare nel nostro articolo, è davvero una cosa sana e giusta far vivere chi ormai è arrivato alla fine della sua esperienza terrena?
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In pratica, la cosiddetta resurrezione digitale permetterebbe alle persone di scrivere telematicamente ad una chatbot la quale avrà accesso a tutti i dati generati in digitale da parte di una persona scomparsa, come ad esempio i messaggi vocali, i messaggi scritti, le mail e via discorrendo. Il software, prendendo questo materiale, potrà modellare lo stile di scrittura del defunto e rispondere ai messaggi in maniera quasi autentica.
Sembra quasi di essere in un film di fantascienza, ma la verità è che adesso davvero la fantasia ha superato la realtà. Chi si è interessato a questo nuovo modo di “ricordare” la persona defunta è Masaki Iwasaki, docente dell’Università Nazionale di Seul. Costui ha condotto una ricerca prendendo in considerazione 222 persone americane, tutti adulti e di diversa età.
Ai volontari è stata presentata una situazione ipotetica in cui una ragazza di 20 anni era morta in un incidente stradale e tutti i suoi amici e familiari stavano prendendo in considerazione l’opzione di utilizzare l’intelligenza artificiale per riportarla in vita. La metà dei partecipanti ha sottolineato che la ragazza non aveva mai espresso nessun consenso per una situazione del genere, mentre l’altra metà si dimostrava favorevole.
In termini di percentuali, il 97% del primo ha ritenuto inappropriato resuscitarla per via digitale, mentre il 58% del secondo gruppo si è dimostrato favorevole. Quando, poi, la stessa domanda è stata proiettata a ogni singolo volontario, il 59% ha sottolineato che non avrebbe mai dato il suo consenso ad una situazione del genere. Il 40%, invece, l’ha ritenuto addirittura inaccettabile soprattutto per le conseguenza psicologiche che si possono scaturire nei parenti in vita.
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