Lo Statuto dei Lavoratori ed il Codice Civile disciplinano le procedure di sanzionamento di un dipendente accusato di aver commesso infrazioni: scopriamole insieme.
Poniamo il caso che un datore di lavoro si ritenga insoddisfatto delle prestazioni effettuate da un proprio dipendente e che le ritenga vere e proprie infrazioni. Per questo motivo, dunque, poniamo che intenda sanzionarlo: cosa deve fare quindi affinché la procedura di richiamo e sanzione sia legittima? E, d’altro canto, come può reagire il lavoratore per giustificare il proprio comportamento professionale?
Ebbene, per rispondere alle nostre domande nello specifico dobbiamo fare riferimento a 4 articoli di legge: ovvero agli articoli 2104, 2105 e 2106 del Codice Civile ed all’articolo 7 della legge numero 300 del 1970 relativa allo Statuto dei Lavoratori. In quest’ultimo è descritta la cosiddetta “Procedura Disciplinare” da applicare in base a principi generali.
Consta di 4 fasi essenziali: si tratta della contestazione, della giustificazione, della sanzione e dell’impugnazione. Affinché la procedura sia considerata legittima, ciascuna fase deve essere condotta tanto dal datore di lavoro quanto dal dipendente rispettando appieno i dettami espressi dalle norme vigenti menzionate, pena – altrimenti – la nullità della sanzione inflitta. Ecco dunque cos’è importante tenere a mente.
Le fasi della Procedura Disciplinare nei confronti di un lavoratore dipendente
La prima fase di contestazione viene condotta dal datore di lavoro: attraverso un rapporto ufficiale, informa il lavoratore riguardo agli addebiti che vengono posti a suo carico e di cui è ritenuto diretto responsabile. A questo punto, il lavoratore può produrre un rapporto di giustificazioni relative alla propria condotta, contestando gli addebiti entro e non oltre 5 giorni solari (festivi compresi).
Se le giustificazioni vengono considerate dal datore di lavoro inammissibili, ecco che si procede alla terza fase, ovvero alla sanzione disciplinare vera e propria. A questo punto, se il dipendente continua ed eccepirne le motivazioni, ecco che può impugnarle tramite ricorso al giudice del lavoro o al collegio di conciliazione ed arbitrato, in base alle norme stabilite dal contratto collettivo nazionale del lavoro.
In tutto ciò, occorre specificare che il datore di lavoro, affinché le rimostranze vengano ritenute legittime, deve rispettare numerosi obblighi: a partire dal rendere noto il codice disciplinare dell’azienda a ciascun dipendente, in modo inequivocabile e costantemente accessibile; inoltre, deve avanzare gli addebiti in modo tempestivo, in modo da garantire che il lavoratore possa difendersi adeguatamente in particolare in termini probatori; e descrivere con periglio e accuratezza gli addebiti, ovvero non in forma non circostanziata e dettagliata. In mancanza di queste caratteristiche, la contestazione può risultare illegittima e sarà più semplice per il lavoratore ottenerne l’annullamento.