I periodi passati in azienda ma durante i quali non è stata prestata attività lavorativa vanno retribuiti? Ecco la verità che non tutti conoscono.
La Corte di Cassazione ha, di recente, emesso un provvedimento con il quale ha riconosciuto il diritto di tutti i lavoratori ad essere pagati anche per i periodi in cui, durante la giornata, non si lavora ma che vengono trascorsi presso la sede lavorativa.
In particolare, con l’ordinanza n. 14848/2024, i giudici hanno stabilito che il lavoratore deve ricevere lo stipendio anche per i cinque minuti che, ogni giorno, servono per timbrare il cartellino all’ingresso e all’uscita.
Nel caso analizzato dalla Suprema Corte, Telecom Italia aveva presentato ricorso in seguito alla condanna, da parte della Corte di Appello di Roma, al pagamento di 547, 467 e 513 euro nei confronti di tre dipendenti. I giudici, infatti, avevano ricompreso nell’orario di lavoro effettivo e, quindi, ricoperto da retribuzione, anche il periodo necessario per entrare nella sede di lavoro, timbrare il cartellino negli appositi tornelli e accendere il computer.
La stessa regola era stata applicata per le procedura di uscita. La decisione della Corte di Appello aveva destato l’indignazione del gruppo Telecom Italia, che aveva deciso di proporre ricorso per Cassazione. Analizziamo la vicenda nel dettaglio.
Il tempo per raggiungere e lasciare la postazione di lavoro va pagato?
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso proposto da Telecom Italia e ha confermato l’orientamento espresso dai giudici di merito, ritenendolo del tutto in regola con la normativa in materia di orario di lavoro.
Il D.lgs. 66/2003 e le direttive comunitarie 93/104 e 203/88, inoltre, stabiliscono che deve essere versato lo stipendio anche per il periodo funzionale allo svolgimento delle operazioni che precedono e seguono l’esecuzione della prestazione lavorativa. Senza questi atti “propedeutici”, infatti, la stessa attività lavorativa non potrebbe essere svolta.
In particolare, l’art. 1, comma 2, lett. a), del D.lgs. n. 66/2003 prevede che, per il calcolo della retribuzione, è determinante sia il tempo di reale svolgimento della prestazione, sia quello di effettiva disponibilità e presenza del dipendente sul posto di lavoro, anche solo per lo svolgimento di azioni accessorie alla prestazione lavorativa.
L’orientamento della Corte di Cassazione è stato confermato anche nei confronti dei lavoratori di un’acciaieria, che hanno ottenuto il riconoscimento della paga anche per il tempo utile per il raggiungimento della postazione di lavoro, dal momento della timbratura del cartellino, e, analogamente, per quello necessario a lasciare il luogo di lavoro e a compiere la timbratura di uscita.
Tutte queste attività sono, infatti, imprescindibili e obbligatorie per compiere in maniera corretta l’attività lavorativa e, di conseguenza, non possono non essere pagate.