Non si placano le polemiche sull’erogazione del TFS agli statali, dopo le notizie relative alla sospensione dell’anticipo ordinario.
Il Trattamento di Fine Servizio (TFS) è un indennizzo che spetta ai dipendenti pubblici statali con contratto a tempo indeterminato al momento della cessazione del rapporto di lavoro. Nonostante le pronunce della Corte Costituzionale sull’illegittimità dell’erogazione tardiva e frazionata del TFS ai dipendenti pubblici in pensione, questa categoria di lavoratori continua a essere fortemente penalizzata.
Il Consiglio di Amministrazione dell’INPS, infatti, ha deciso di sospendere, per il 2024, il pagamento dell’anticipo del TFS, a causa dell’esaurimento dei fondi economici a disposizione. L’anticipo da parte dell’INPS era la soluzione ideale per coloro che avevano bisogno di liquidità, perché prevedeva un tasso di interesse non superiore all’1%.
Proprio in questi giorni, inoltre, l’Istituto di Previdenza aveva lanciato l’allarme sugli effetti dell’invecchiamento della popolazione e del calo demografico, che porteranno a un deficit di 45 milioni di euro nel 2032. La situazione per coloro che sono andati in pensione già da qualche tempo e aspettano il pagamento del TFS, dunque, non accenna a migliorare.
Gli ex dipendenti pubblici accusano il Governo di non intervenire per risolvere l’annosa questione del pagamento del TFS. La situazione rischia di aggravarsi in seguito all’apertura della procedura d’infrazione sull’Italia da parte della Commissione UE, a causa di un eccessivo deficit.
Si tratta di una condizione altamente penalizzante e ingiusta, che andrebbe risolta al più presto. L’erogazione del Trattamento di Fine Servizio, infatti, è un diritto imprescindibile di tutti i dipendenti, anche perché si tratta di somme di denaro che appartengono ai lavoratori e che sono state accantonate nel corso degli anni. Trattenere il TFS per un periodo eccessivamente prolungato rappresenta una violazione inaccettabile, soprattutto se si pensa che proviene dallo Stato.
La sentenza n. 130/2023 della Corte Costituzionale afferma che il differimento del pagamento del Trattamento di Fine Servizio ai dipendenti pubblici che hanno cessato il rapporto di lavoro per raggiunti limiti di età o di servizio viola il principio costituzionale della giusta retribuzione. Il rispetto di tale diritto, infatti, si garantisce non solo con la congruità dell’ammontare corrisposto, ma anche tramite la tempestività dell’erogazione.
Per i giudici, spetta al legislatore individuare gli strumenti per garantire una celere erogazione delle somme dovute ai lavoratori, ma, al momento, nonostante l’avanzamento di alcune proposte, non è ancora intervenuta alcuna riforma e la maggior parte dei lavoratori è ancora costretta ad attendere fino a 24 mesi per ricevere le somme spettanti.
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