“Sono passati sette anni dall’ultimo bicchiere e dal primo giorno con la serenità di accettare le cose che non posso cambiare”
Tiziano Ferro ha condiviso sui social un messaggio commovente tramite cui fa sapere di festeggiare i suoi sette anni senza alcol. Un traguardo importantissimo per il cantante, che ha più volte raccontato i momenti difficili vissuti a causa della dipendenza. “Sono passati sette anni dall’ultimo bicchiere e dal primo giorno con la serenità di accettare le cose che non posso cambiare. Semplicemente e onestamente, solo grato“, si legge nel testo, accompagnato dalla foto della medaglia che celebra i sette anni dal 9 novembre 2016, data in cui ha deciso di combattere contro la dipendenza dall’alcol. Quella decisione avrebbe cambiato completamente la sua esistenza.
Il racconto della dipendenza
Tiziano Ferro ha parlato della sua dipendenza nel documentario “Ferro”, raccontando le difficoltà più grandi e di quando ha trovato la forza per dire basta e ricominciare a vivere. “Bevevo per non pensare”, “vivevo perennemente frustrato, incazzato e anche umiliato“. Ero un “alcolista, bulimico, gay, depresso, famoso” ha raccontato, “e pure questo, ‘famoso’, mi sembrava un difetto, forse il peggiore“. Nel documentario il cantante ha parlato per la prima volta di quando ha avuto il coraggio di entrare in un centro di Alcolisti Anonimi.
“Bevevo quasi sempre da solo, l’alcol mi dava la forza di non pensare al dolore e alla tristezza, ma mi portava a voler morire sempre più spesso. Ho perso occasioni e amici. Io ero un alcolista”. Tiziano Ferro, che da poco ha annunciato di aver divorziato dal marito Victor Allen, ha spesso parlato dei drammi vissuti, oltre alla dipendenza dall’alcol, il cantante è stato vittima di bullismo e ha lottato contro la bulimia.
“Ero anonimo, non bello, per niente atletico, anzi grasso e timido“
“L’alcolismo ti guarda appassire in solitudine, mentre sorridi di fronte a tutti“, scriveva Tiziano Ferro in una lettera molto intima. “Non sono mai stato il primo della classe, ero anonimo, non bello, per niente atletico, anzi grasso, timido, i ragazzi mi chiamavano ciccione, femminuccia, sfigato. Aspettavo che qualcuno intervenisse per difendermi, ma non succedeva mai. Vivevo perennemente frustrato, incazzato e anche umiliato. Poi ho cantato per la prima volta e il mondo è cambiato. La musica era l’unica cosa che avevo, un canale per esprimermi in un mondo nel quale non mi riconoscevo“. “Ho sempre pensato che dietro ogni storia di dolore si nascondessero il privilegio e il dovere morale di poter aiutare qualcun altro. La mia storia me lo insegna e ogni volta che ho consegnato alla gente le mie cicatrici, si sono sempre trasformate in soluzioni“.
“Nessuno mi poteva sopportare quando bevevo. E chi ci riusciva o aveva pietà, o era come me. O più disperato di me. Oggi che non bevo da diversi anni ho capito che quella disperazione aveva un senso, uno solo: aiutare qualcun altro…Io devo smettere di bere, mi ripetevo. Avevo le transaminasi alte. Iniziavo ad avere problemi di fegato. Non volevo morire per una cosa simile. No“. “Era tutta una rovina, ma evidentemente prima della ricostruzione bisogna demolire, no?“, scriveva il cantautore nel 2020.