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Cronaca

Violenza sessuale nel metaverso: chi è Julian Dibbel, che ne parlò per la prima volta nel 1993

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Federico Liberi

Primo caso di stupro nel metaverso al mondo, ecco cosa è successo e chi è Julian Dibbel, la prima persona a parlare di questi pericoli nella realtà virtuale

La polizia britannica sta esaminando il primo caso di stupro virtuale di gruppo, il quale è stato perpetrato nei confronti di una ragazza minorenne inglese. Secondo le informazioni disponibili, la giovane stava utilizzando un visore per la realtà virtuale e partecipava a un coinvolgente gioco nel metaverso quando il suo avatar è stato attaccato. Nonostante l’ironia e il poco peso dato dagli utenti del web alla vicendo, nel mondo virtuale questo problema potrebbe diffondersi sempre di più, motivo per cui è necessario iniziare a parlarne e trovare possibili soluzioni. Vediamo tutto quello che bisogna sapere a proposito di questa vicenda.

Stupri nella realtà virtuale, le possibili conseguenze e soluzioni

Il ministro dell’Interno britannico James Cleverly, parlando della vicenda, ha riconosciuto l’importanza delle indagini attualmente in corso. “So che potrebbe sembrare facile minimizzare questo incidente come se non fosse reale, ma il punto centrale di questi ambienti virtuali è la loro straordinaria coinvolgenza“, ha spiegato a Lbc. Riguardo alla vittima dello stupro virtuale, ha sottolineato che “avrebbe potuto subire conseguenze psicologiche molto gravi, e dobbiamo prestare molta attenzione a non essere insensibili”. Ha aggiunto che è cruciale comprendere che chi è disposto a infliggere virtualmente un trauma del genere a un bambino potrebbe essere una persona capace di compiere azioni terribili anche nella realtà.

Un alto funzionario di polizia responsabile del caso della minorenne inglese ha dichiarato al Daily Mail: “L’impatto emotivo e psicologico sulla vittima nel lungo periodo supera qualsiasi danno fisico“. L’esperienza immersiva nel metaverso rende particolarmente difficile, soprattutto per un bambino, distinguere tra realtà e virtuale.

Metaverso | Pixabay @luzastudios – Cityzen.it

I confini legali di questa questione sono ancora sfumati. Tuttavia, come ha dichiarato un investigatore al Daily Mail, il metaverso è già “saturo” di crimini sessuali. Nel 2022, la psicoterapeuta Nina Jane Patel, impegnata nella ricerca sul metaverso, ha descritto il “surreale incubo” di essere coinvolta in uno stupro di gruppo nel gioco “Horizon Venues” (ora “Horizon Worlds”). Nel suo articolo, ha spiegato che il fatto che l’abuso sia avvenuto nel mondo virtuale “non ha minimizzato l’impatto su di me da adulto”. Ha sperimentato paura, panico e senso di colpa, e ha riconosciuto facilmente come potesse influenzare una bambina. La domanda cruciale è se uno stupro nel metaverso debba essere equiparato a uno nella vita reale, considerando che la vittima è stata braccata senza il suo consenso e senza aspettarsi un tale atto.

Le autorità britanniche temono che perseguire il caso secondo le leggi esistenti, che definiscono la violenza sessuale come un “contatto fisico” non consensuale, potrebbe rivelarsi un’impresa impossibile.

Già 30 anni fa, però, un caso simile aveva sconvolto il mondo intero, vediamo di cosa si tratta.

Julian Dibbel e il caso LambdaMOO

Sono trascorsi 30 anni, e invece di affievolirsi, il tema si è addirittura intensificato nell’attuale contesto. Nel 1993, il giornalista freelance Julian Dibbell portò all’attenzione un episodio straordinario accaduto nel mondo virtuale di LambdaMOO, un MUD Object Oriented (MOO). Nel suo articolo “A Rape in Cyberspace“, Dibbell narra una cupa vicenda di manipolazione e intrusioni che avrebbe scosso le fondamenta della percezione della realtà virtuale.

LambdaMOO, il palcoscenico di questo straordinario episodio, rappresenta un MUD. In termini più accessibili, un MUD è un gioco di ruolo online in cui le azioni e le interazioni si svolgono attraverso la digitazione di comandi da tastiera. Tuttavia, LambdaMOO si contraddistingue per la sua natura orientata agli oggetti, permettendo agli utenti di personalizzare ampiamente i loro personaggi, i movimenti, le interazioni con oggetti, ambienti e altri profili.

La comunità emerge come una sorta di società autogestita online, con spazi di discussione, momenti di svago e decisioni collettive. Inizialmente, non esistevano restrizioni sui comportamenti degli utenti, mancava una legge scritta per governare questa società virtuale in costante evoluzione. Un dettaglio affascinante è che tutto questo mondo digitale, costituito da un intricato intreccio di personaggi, stanze, ambienti, conversazioni e interazioni, si manifesta esclusivamente attraverso il testo. Questo universo digitale, composto di parole, si trasforma così in uno spazio dinamico abitato da personaggi, stanze, conversazioni e relazioni.

Questo contesto aggiuntivo evidenzia la particolarità di LambdaMOO come una realtà virtuale dinamica, abitata da avatar programmabili e gestita in modo dinamico dagli utenti stessi. L’assenza di regolamenti iniziali ha contribuito a creare uno spazio digitale libero, ma, come ha raccontato la giornalista, il cyber rape avrebbe scosso questa comunità, generando profonde riflessioni sulla necessità di governare questa società virtuale in espansione.

Nel marzo 1993, un utente noto come Mr. Bungle commise un “Cyber-Stupro“, utilizzando un sottoprogramma denominato “bambola voodoo”. Questa violazione sessuale degli avatar provocò sdegno, dando avvio a dibattiti sul confine tra vita reale e realtà virtuale, nonché sull’autogoverno della piattaforma.

L’articolo di Dibbell documentò le reazioni emotive degli utenti, molti dei quali espressero indignazione. Tuttavia, nonostante la rabbia, la comunità si divise sul come affrontare Mr. Bungle. Durante una riunione online, i membri discussero di possibili azioni ma non riuscirono a prendere decisioni definitive. Alla fine, uno dei master-programmatori chiuse l’account di Mr. Bungle, dando vita a una delle prime risposte ufficiali.

A seguito dell’incidente, la piattaforma implementò un sistema di petizioni e votazioni, permettendo agli utenti di influenzare il governo della comunità. Nuove funzionalità, come il comando @boot per disconnettere temporaneamente gli utenti molesti, furono introdotte. Il caso di Mr. Bungle stimolò una profonda riflessione sulla sovranità e il governo delle comunità virtuali.

LambdaMOO, attraverso la sua storia tumultuosa, ha giocato un ruolo fondamentale nella definizione della governance delle comunità online, introducendo nuove regole e norme nel vasto panorama del cyberspazio. La sua narrazione costituisce un avvertimento sulla complessità delle relazioni digitali e sottolinea l’importanza di riflettere attentamente sulla gestione di spazi virtuali sempre più intrecciati con la realtà.

Il confine tra realtà e multiverso si sta facendo sempre più sottile, e i lati negativi e i crimini stanno iniziando a invadere anche il mondo virtuale, portando alla possibilità sempre più crescente di incombere in situazioni pericolose senza sapere come uscirne. Avere delle leggi adeguate, che possano garantire la propria sicurezza anche in questi contesti sta diventando, quindi, sempre più importante, dato che, nemmeno nel multiverso, ormai si può avere la certezza di essere al sicuro.

Federico Liberi

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