Ritrovata carcassa in Italia di un camoscio con zecche positive al virus TBE: cresce la preoccupazione sul virus delle zecche, i dettagli
Tiene banco il tema legato al virus delle zecche, dopo un recente ritrovamento in Italia, e più nel dettaglio nei boschi delle alpi Orobie, in Valtellina, della carcassa di un camoscio le cui zecche presenti sarebbero risultate positive al virus TBE.
Il ritrovamento, che risale allo scorso 13 aprile, riguarda la carcassa di un camoscio risultato positivo al virus, trasmissibile all’uomo, ma occorre sottolineare che la positività al virus al momento è stata riscontrata sulle zecche presenti sul corpo. Non, dunque, nell’animale.
Sono in fase di svolgimento ulteriori analisi, ma parrebbe probabile che tale positività al virus TBE sia da ricondurre alle zecche, le quali possono esser tanto vettori quanto serbatoio della malattia. Ad esser stata riscontrata dalle analisi virologiche e sierologiche sarebbe la positività alla meningoencefalite da zecche, nota anche come TBE.
Un ritrovamento che desta preoccupazione, dal momento che, per quanto riguarda la meningoencefalite, si tratta di una malattia virale che può esser trasmessa all’uomo. Non è ad ogni modo un caso isolato, piche via via negli anni vi sono stati casi accertati anche altrove. È il caso della provincia di Bergamo, o ancora degli animali selvatici e caprini domestici ritrovati nella provincia di Lecco.
Quando si parla del virus delle zecche, la meningoencefalite da zecche, si intende – si legge sul portale dell’Istituto Superiore di Sanità – una malattia virale che va a colpire il sistema nervoso centrale, e la cui causa si lega ad un arbovirus che appartiene al genere Flavirius. Quest’ultimo assomiglia ai virus responsabili della Dengue e delle febbre gialla.
Come spiega l’Istituto Superiore di Sanità, le zecche operano tanto in quanto vettori quanto quali serbatoio della malattia. Possono trasmettere l’infezione.
Nel momento in cui una persona fosse morsa, nel settanta per cento dei casi non si tratterebbe di conseguenze gravi. Al contrario, l’infezione passa in assenza di sintomi o in presenza di sintomi blandi.
Vi è poi l’altro trenta per cento di casi in cui, dopo 3 – ventotto giorni, è possibile vi siano sintomi influenzali quali febbre alta, mal di testa , mal di gola. E ancora, stanchezza, dolori ai muscoli ed articolazioni, il tutto per un lasso di tempo fra due e quattro giorni.
Possono, in taluni casi, aver luogo altri disturbi al sistema nervoso centrale. Non è fonte di preoccupazione, la malattia, per quanto riguarda giovani e bimbi, mentre casi gravi potrebbero aver luogo in età adulta. Vi è un vaccino per quanto riguarda la TBE, già in uso da diverso tempo in vari Paesi in Europa, e di recente anche registrato in Italia. Ad esser prevista è la somministrazione di 3 dosi ai neonati, e relativi richiami ogni tre anni.
Ad ora, si tratta di un virus trasmissibile ed endemico, per esempio per quanto riguarda l’Italia nelle aree boschive montane del Nord-est, vi sono casi da alcuni anni. Inoltre, il suddetto ritrovamento recente indica che il virus delle zecche interessi tutto l’arco alpino.
Tuttavia, ha spiegato a Repubblica l’epidemiologo Lopalco, il rischio per quanto riguarda la trasmissione resta basso, dal momento che occorre la puntura di una zecca infetta. In ogni caso, vi sono delle precauzioni da poter prendere per coloro che frequentassero le zone endemiche.
Al termine di una passeggiata nei boschi, è buona prassi, ha spiegato, verificare che sul corpo non vi siano attaccate zecche. Qualora così fosse, va subito staccata. Via via infatti che si prolunga il suo periodo di permanenza, cresce il rischio di trasmissione.
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